I traumi psicologici sono esperienze di forte impatto emotivo che possono lasciare segni duraturi nella mente e nelle emozioni di una persona. Esistono diversi tipi di trauma: da quello legato a un singolo evento (come un incidente o un’aggressione) al trauma complesso, derivante da situazioni ripetute e prolungate, come l’abuso o la violenza.
In questo articolo esploreremo cosa sono i traumi psicologici, i principali tipi, i sintomi associati e come la terapia può essere uno strumento efficace per superarli.
Tipologie di trauma: traumi “con la T maiuscola” e traumi “con la t minuscola”
Una possibile classificazione dei traumi distingue tra traumi “con la T maiuscola” e traumi “con la t minuscola”. I primi riguardano esperienze traumatiche di gravità estrema che spesso possono portare a diagnosi di disturbo post-traumatico da stress, come:
- violenze psicologiche o fisiche;
- incidenti stradali;
- lutti complessi.
I traumi con la t minuscola includono invece esperienze traumatiche “meno estreme“, legate a eventi di vita quotidiana, che diventano traumatici soprattutto per la loro ripetitività. Di questi fanno parte:
- traumi da umiliazione (come bullismo o mobbing);
- tradimenti;
- traumi infantili dovuti ad abbandono o trascuratezza.
Questa distinzione aiuta a comprendere come diverse esperienze traumatiche possano avere un impatto variabile sulla psiche e sul benessere psicologico. Tuttavia, non tutte le persone reagiscono allo stesso modo. Alcuni riescono a riprendersi completamente, mentre altri sviluppano risposte più intense che ostacolano la capacità di vivere come prima dell’evento.
Sintomi del trauma e le conseguenze sulla vita quotidiana
Il DSM-5 elenca le esperienze traumatiche come fattori di rischio per ben 52 disturbi mentali, poiché i traumi possono provocare una varietà di sintomi fisici e psicologici, la cui intensità e frequenza variano in base all’esperienza vissuta. Tra i principali sintomi psicologici troviamo:
- effetto trigger: uno stimolo che riaccende il ricordo traumatico anche se apparentemente scollegato;
- evitamento di luoghi o situazioni collegate al trauma;
- ansia e ipervigilanza;
- umore basso persistente;
- convinzioni distorte sull’evento o le sue conseguenze;
- sentimenti di distacco dagli altri, portando a isolamento sociale;
- reazioni dissociative come flashback, depersonalizzazione, derealizzazione e amnesia dissociativa.
Questi sintomi possono interferire gravemente con le relazioni personali, il lavoro o lo studio, compromettendo la salute mentale e fisica.
Come risponde il cervello a un evento traumatico
Dopo un evento traumatico, il nostro organismo e cervello attivano risposte fisiologiche allo stress che, nel 70-80% dei casi, si risolvono spontaneamente. Questo accade grazie a un meccanismo naturale di elaborazione delle informazioni, che permette di integrare l’esperienza nelle reti mnemoniche del cervello, “digerendo” e ricollocando il trauma nella narrazione personale.
Tuttavia, quando questo processo non si attiva, il trauma può diventare patologico, e alcune persone continuano a soffrire a lungo, rivivendo emozioni angoscianti che compromettono la loro vita quotidiana. In questi casi, il passato resta dolorosamente presente.
Il trauma intergenerazionale: un’eredità invisibile
Il passato non è presente solo per chi ha subito il trauma in prima persona, ma può essere “ereditato” dalle generazioni precedenti. Secondo Maurizio Andolfi infatti, il trauma intergenerazionale è un fenomeno in cui il dolore e le ferite emotive di una generazione si trasmettono a quelle successive, spesso senza che le persone ne siano consapevoli. Un trauma vissuto dai genitori o dai nonni può così lasciare un’impronta su figli e nipoti, influenzandone emozioni, comportamenti e relazioni.
Questo accade perché i membri della famiglia tendono a condividere paure, atteggiamenti e modalità di reazione che diventano parte del “clima” familiare. Anche senza parlarne apertamente, i figli possono assorbire questo clima e farlo proprio, portando con sé un peso emotivo che non appartiene alla loro esperienza diretta, ma che può condizionarli.
Per Andolfi, la terapia familiare è uno strumento utile per “dare voce” a questi traumi nascosti, aiutando a riconoscere e affrontare il dolore passato. Questo processo permette alle persone di liberarsi dalle paure ereditate, costruendo legami familiari più sani e impedendo che i traumi si trasmettano alle generazioni future.
Il ruolo della terapia EMDR nel trattamento del trauma
Un altro approccio terapeutico efficace per il trattamento dei traumi è la terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), basata sul modello dell’elaborazione adattiva dell’informazione (AIP). Questo modello si concentra sui ricordi non elaborati, spesso radice di disfunzioni emotive e psicologiche. Numerosi studi neurofisiologici hanno evidenziato come l’EMDR favorisca un’elaborazione adattiva dei ricordi, riducendo i sintomi legati al trauma. Questo approccio, infatti, si rivela utile non solo per traumi estremi, ma anche per affrontare le difficoltà derivanti da esperienze quotidiane fortemente stressanti.
Conclusioni
Riconoscere l’impatto profondo dei traumi sulla psiche e sulla vita quotidiana è essenziale per poter intervenire in modo efficace. Le diverse manifestazioni del trauma, dai sintomi post-traumatici a quelli derivanti da traumi complessi o intergenerazionali, richiedono attenzione e consapevolezza. Strumenti terapeutici come l’EMDR e la terapia in generale, non solo agevolano la guarigione individuale, ma contribuiscono a un percorso di crescita personale e relazionale che interrompe il ciclo dei traumi nelle generazioni. Comprendere e affrontare il trauma è un atto di cura e rigenerazione che restituisce benessere e autonomia, aiutando le persone a costruire un futuro più sereno e consapevole.