Essere genitori è sempre stato un compito complesso, ma nel contesto socio-culturale attuale questa complessità sembra essersi amplificata. L’accesso costante a informazioni, modelli educativi contrapposti, e la pressione sociale derivante da fonti come i social media rendono difficile orientarsi nel proprio ruolo genitoriale. Spesso i genitori si trovano a vivere una contraddizione interna: desiderano il meglio per i propri figli, ma si sentono inadeguati, stanchi o sovraccarichi. Come possiamo, allora, distinguere tra ciò che la società si aspetta da noi e ciò di cui hanno davvero bisogno i nostri figli (e noi stessi)? E come possiamo sostenere i genitori nel loro percorso, anziché giudicarli o isolarli?
Le aspettative sociali: il peso del “fare tutto bene”
Negli ultimi decenni la genitorialità si è progressivamente trasformata in una vera e propria “performance sociale” (Faircloth, 2014), in cui i genitori – soprattutto le madri – si sentono costantemente osservati e valutati. Le immagini idealizzate della genitorialità veicolate dai media e dai social network alimentano standard irrealistici, generando ansia da prestazione e sensi di colpa. Il concetto di “intensive parenting”, descritto da Hays (1996), è centrale per comprendere questo fenomeno: i genitori vengono incoraggiati a investire enormemente tempo, energia ed emozioni nella crescita dei figli, fino ad annullare i propri bisogni personali.
Questa narrativa ha importanti conseguenze:
- sensazione di non essere mai abbastanza;
- isolamento sociale e genitoriale;
- difficoltà a chiedere aiuto per paura del giudizio;
- aumento del rischio di burnout (Mikolajczak et al., 2018).
I bisogni reali dei bambini (e dei genitori)
In contrasto con l’idea del genitore sempre impeccabile, la letteratura psicologica sottolinea l’importanza di una genitorialità sufficientemente buona, non perfetta (Winnicott, 1965). I bambini non necessitano di genitori perfetti, ma di figure coerenti, emotivamente disponibili, capaci di costruire un attaccamento sicuro. Secondo Bowlby (1969), il legame di attaccamento è il fondamento dello sviluppo emotivo: ciò che conta è la qualità della relazione, non la quantità di stimoli offerti.
Bisogni fondamentali dei bambini:
- prevedibilità: routine, limiti chiari;
- contenimento emotivo con risposte empatiche, non punitive;
- modelling: genitori che mostrano come affrontare difficoltà e frustrazioni.
Bisogni fondamentali dei genitori:
- spazi di confronto non giudicanti;
- supporto emotivo e psicologico, soprattutto nei momenti di transizione;
- riconoscimento sociale del proprio ruolo.
Il genitore “sufficientemente buono” è anche vulnerabile
Il concetto di “good enough mother” (Winnicott, 1965), estendibile a tutti i genitori, è un antidoto potente alle aspettative di perfezione. Ciò che serve al bambino non è un genitore infallibile, ma una figura capace di riparare la relazione, rimanere emotivamente disponibile, rispondere in modo flessibile e autentico ai bisogni. Numerosi studi (es. Tronick, 2007) hanno dimostrato che l’interazione genitore-bambino è imperfetta per natura. L’elemento chiave è la riparazione: la capacità di rientrare in contatto emotivo dopo una rottura o incomprensione.
Il rischio di burnout genitoriale
Negli ultimi anni la ricerca ha evidenziato il fenomeno del burnout genitoriale, una sindrome caratterizzata da:
- esaurimento emotivo;
- distanziamento affettivo dai figli;
- perdita di piacere nel ruolo di genitore (Roskam, Raes & Mikolajczak, 2017).
Il burnout insorge quando le richieste percepite superano le risorse disponibili, specie in assenza di supporto sociale o in presenza di perfezionismo genitoriale (Mikolajczak et al., 2018). Riconoscere il burnout come condizione reale e legittima è il primo passo per prevenire disagi più gravi: serve pausa, supporto, ridefinizione delle aspettative e, se necessario, aiuto professionale.
L’importanza del supporto: educare è un atto collettivo
Spesso i genitori evitano di chiedere aiuto per paura di essere giudicati. Eppure, educare non è un’impresa individuale. Il supporto può venire da:
- professionisti della salute mentale;
- gruppi di genitori e spazi di confronto;
- reti sociali significative (familiari, amici, educatori).
Programmi come il parent training e i percorsi di parenting support sono strumenti efficaci per ridurre lo stress, rafforzare le competenze e favorire la relazione genitore-figlio (Sanders, 1999; Kaminski et al., 2008).
Conclusioni
Essere genitori oggi significa navigare tra aspettative e bisogni reali, accogliere la propria imperfezione, e cercare connessione più che perfezione. Spostare il focus dal “fare tutto bene” al “stare bene insieme” è forse il cambiamento più radicale (e liberatorio) che possiamo concederci. E se a volte ci sentiamo in difficoltà, ricordiamoci che anche questo fa parte del viaggio.




